L'IMMAGINE INDICA QUELLO CHE DOVREBBE ESSERE DAVVERO.. MA TUTTI SAPPIAMO CHE.. E' UNA GRAN CAZZATA!!!! VOGLIAMO GIUSTIZIA... QUELLA VERA!!!!
E' PAOLO SCARONI A SCRVERE QUESTA LETTERA.
PAOLO SCARONI UN ULTRAS DEL BRESCIA, SEGUIVA LA SUA SQUADRA IN CASA ED IN TRASFERTA CON TANTA PASSIONE E ALTRETTANTA EMOZIONE!
LUI OGNI DOMENICA SI RIUNIVA CON I PROPRI AMICI PER ANDARE ALLO STADIO COME DA RITO,
MA DA QUEL GIORNO LA SUA VITA CAMBIO'.
ESATTAMENTE IL 24 SETTEMBRE DEL 2005 NELLA STAZIONE DI PORTA NUOVA A VERONA,
LI SUBì UNA DELLE INGUSTIZIE DA PARTE DI CHI CI "COMANDA" O MEGLIO DAL SERVIZIO D'ORDINE.. BHè CI SIAMO CAPITI NO?!.
QUESTO è UN ENNESIMO GESTO REPRESSIVO VERSO CHI, TUTTI I GIORNI CERCA DI PORTARE AVANTI UN SUO IDEALE, UNA SUA PASSIONE, MA SOPRATUTTO IL SUO AMORE VERSO QUESTO SPORT CHE STA PER MORIRE.
SI AVETE CAPITO PRORPIO BENE STA PER MORIRE!!!!
IL CASO DI PAOLO è STATO FORZATAMENTE FATTO RIMANERE ALLO SCURO.
LORO SONO QUELLI CHE DOVREBBERO TUTELARCI E FAR RISPETTARE LE LEGGI, MA SONO I PRIMI AD ESSERE I VERI CRIMINALI!
PERCHè SOLO COSì SI POSSONO DEFINIRE!
NOI CHIEDIAMO GIUSTIZIA ANCHE PER:
GABRIELE SANDRI, FEDERICO ALDROVANDI, CARLO GIULIANI E PAOLO SCARONI!
DI INGUSTIZIE NE SONO STATE FATTE TANTE..... MA DI GIUSTIZIE... 0!!!!
scrivo questa lettera alla vigilia dell’anniversario di una data che mi ha cambiato la vita: il 24 settembre
del 2005.
Mi presento: sono Paolo Scaroni, abito a Castenedolo, piccolo paese della provincia di Brescia.
Ero un allevatore di tori.
Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori -anche sportivi- e la giusta
curiosità. Facevo infatti molto sport e viaggiavo quando potevo.
Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia.
Una persona normale, come tante, direbbe Lei.
Oggi non lo sono più (per la verità tifoso del Brescia lo sono rimasto, sebbene non possa più vivere la
partita allo stadio com’ero solito fare: cantando, saltando, godendo oppure soffrendo).
Tutto è cambiato il 24 settembre del 2005, nella stazione di Porta Nuova a Verona.
Quel giorno, alla pari di migliaia di tifosi bresciani -fra i quali molte famiglie e bambini- avevo deciso
di seguire la Leonessa a Verona con le migliori intenzioni, per quella che si preannunciava una sfida
decisiva per il nostro campionato di serie B. Finita la partita, siamo stati scortati in stazione dalla
polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo
tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell’acqua al resto della compagnia
(era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già
pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della
stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana visto il periodo, l’orario e soprattutto la
città in cui eravamo, centro nevralgico per il passaggio dei treni.
Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di
“alleggerimento” del reparto celere in servizio quel giorno per mantenere l’ordine pubblico e picchiato
a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti
loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto.
Dopo circa venti minuti dall’aver perso conoscenza sono stato caricato su un’ambulanza -osteggiata,
più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito- e trasportato all’ospedale di
Borgo Trento a Verona. Lì sono stato operato d’urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal
coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d’inferno.
Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d’animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e
minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo.
Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità.
Ovviamente, alcune cose di cui sopra le ho sapute molto tempo dopo la mia aggressione. Il resto l’ho
scoperto grazie al lavoro del mio avvocato.
Dalla ricostruzione dei fatti e tramite le tante testimonianze, emerge un quadro inquietante, quasi da
non credere; ma proprio per questo da rendere pubblico.
In seguito alle gravissime lesioni subite, presso la Procura della Repubblica di Verona è iniziato un
procedimento a carico di alcuni poliziotti e funzionari identificati quali autori delle lesioni da me
subite. Nonostante il Giudice per le Indagini Preliminari abbia respinto due volte la richiesta
d’archiviazione, il Pubblico Ministero non ha ancora esercitato l’azione penale contro gli indagati.
Mi domando per quale ragione ciò avvenga e perché mi sia negata giustizia.
Oggi, dopo avere perso quasi tutto, rimango perciò nell’attesa di un processo, nemmeno tanto scontato,
considerati i precedenti ed i tentativi di screditarmi. Oltretutto i poliziotti erano tutti a volto coperto,
quindi non identificabili (com’è possibile tutto questo?), sebbene a comandarli ci fosse una persona
riconoscibilissima.
Dopo le tante bugie e cattiverie uscite in modo strumentale sul mio conto a seguito della vicenda,
aspetto soprattutto che mi venga restituita la dignità.
Ill.mo Ministro degli Interni, sebbene la mia vicenda non abbia destato lo stesso scalpore, ricorda un
po’ le tragedie di Gabriele Sandri, di Carlo Giuliani, ed in particolare di Federico Aldrovandi (accaduta
a poche ore di distanza dalla mia), con una piccola, grande differenza: io la mia storia la posso ancora
raccontare, nonostante tutto.
Le dinamiche delle vicende sopra citate forse non saranno identiche, ma la volontà di uccidere sì, è
stata la medesima. Altrimenti non si spiega l’accanimento di queste persone nei miei confronti,
soprattutto se si considera che non vi era una reale situazione di pericolo: era tutto tranquillo; ero
caduto a terra; ero completamente inerme. Ma le manganellate, come descrive il referto medico, non si
sono più fermate.
Forse, ho pensato, oltre alla vita volevano togliermi anche l’anima.
Per farla breve, in pochi secondi ho perso quasi tutto quello per cui avevo vissuto -per questo mi sento
ogni giorno più vicino a Federico- e senza un motivo apparente. Sempre ovviamente che esista una
giustificazione per scatenare tanta crudeltà ed efficienza.
Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi
sottopongo da anni con molta tenacia non avrò molti margini di miglioramento. Questo lo so quasi con
certezza: l’unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai.
Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna.
Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta,
sottraendo tempo e valore ai suoi impegni.
Ho perso la ragazza.
Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati
in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto
lontano.
Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e
soprattutto alla Sicurezza.
Quella sicurezza che Lei invoca ogni giorno, e tenta d’imporre sommando nuove leggi e nuove norme a
quelle già esistenti (fino a ieri molto efficaci, almeno per l’opinione pubblica).
Peccato però che queste leggi non abbiano saputo difendere me, Federico, Carlo e Gabriele dagli
eccessi di coloro che rappresentavano, in quel momento, le istituzioni.
Ill.mo Ministro degli Interni, alcune cose mi martellano più di tutto: ogni giorno mi domando infatti
cosa possa spingere degli uomini a tanto. Non ho la risposta.
Ogni giorno mi domando se qualcuna di queste tragedie potesse essere evitata. La risposta è sempre
quella: sì.
A mio modesto parere, ciò che ha permesso a queste persone di liberare la parte peggiore di sé è stata la
sicurezza di farla franca.
Sembra un paradosso, ma in un Paese come il nostro in cui si parla tanto di “certezza della pena”, di
“responsabilità” e di “omertà”, proprio coloro che dovrebbero dare l’esempio agiscono impuniti
infrangendo ogni legge scritta e non, disonorano razionalmente la divisa e l’istituzione rappresentata,
difendono chi fra loro sbaglia impunemente.
Ill.mo Ministro degli Interni, dopo tante elucubrazioni, sono giunto ad una conclusione: se queste
persone fossero state immediatamente riconoscibili, responsabili perciò delle loro azioni, non si
sarebbero comportate in quella maniera ed io non avrei perso tanto.
Le chiedo quindi: com’è possibile che in Italia i poliziotti non portino un segno di riconoscimento
immediato come accade nella maggior parte delle Nazioni europee?
Ill.mo Ministro degli Interni, io non cerco vendetta, semmai Giustizia.
Mi appello a Lei ed a tutte le persone di buon senso affinché questi uomini vengano fermati ed
impossibilitati nello svolgere ancora il loro “dovere”.
Chiedo quindi che si faccia il processo e nulla sia insabbiato.
Cordiali saluti.
Paolo Scaroni, vittima di uno Stato distratto.
CHIEDE GIUSTIZIA...... E COME LUI ANCHE NOI!
Pubblicato da stileultrastilecasual! alle 07:59
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